Un omaggio al “Ghandi della pittura moderna”.


 Phillip Martin

Con questa mostra la mia Galleria continua la stagione espositiva 2017/2018 con la serie di personali dedicate ad artisti contemporanei pensati come “Grandi isolati”. Artisti che pur operando in sintonia con l’arte del loro tempo, ad un certo momento hanno deciso di ritirarsi dalla scena artistica, per continuare il proprio lavoro lontano dai clamori e non subire pressioni dal mercato. Il loro era un vano solipsismo oppure l’onesta reazione ad un ambiente artistico che sentivano soffocante ad ogni tentativo di sincera creatività ? Sono sicuro che un giorno non lontano tutto il sistema dell’arte moderna e contemporanea si ritroverà a fare i conti con le opere che questi artisti ci hanno lasciato. Sarà una eredità ingombrante da capire e da gestire ma che riprenderà la sua giusta posizione all’interno delle ricerche artistiche del secondo dopoguerra.
In quel momento, per usare una metafora, sarà finalmente restituito a Cesare quello che gli
Dopo la recente mostra dedicata al francese Michel Macréau; per questa seconda occasione ho scelto di esporre le opere di Phillip Martin (Cork, Irlanda 1927 – Sydney 2014) che il noto critico francese Alain Jouffroy, in un suo scritto, aveva definito “il Ghandi della pittura moderna”. Un artista giramondo, hippie che dipingeva quadri “spirituali” colmi di simbologie, decorazioni ed effigi  a evocare paramenti sacri o addobbi di templi orientali. Dopo la fine degli anni ’40 aveva iniziato con sua moglie irlandese Helen Marshall, anche lei pittrice, a viaggiare e dipingere in tutta l’Europa. Sarà in Austria, a Vienna, dove prenderà corpo per la prima volta la serie di opere sul tema “Affiche-Collage”; tema che lo accompagnerà per tutta la sua vita artistica. Ha soggiornato ed esposto a Parigi, in Irlanda, Italia, Belgio, Spagna ha soggiornato a lungo in India del sud e, a partire dagli anni ‘80, si è stabilito in Australia nei pressi di Sidney. La prima personale italiana è stata a Firenze nel 1951 presso l’eroica Galleria di Fiamma Vigo.
Avevo già accennato nel precedente catalogo di Michel Macreau come ero entrato in contatto con le opere di Phillip Martin: tutto era cominciato nel 1983 quando visitando la casa del famoso collezionista, diventato poi artista lui stesso, Guglielmo Achille Cavellini, avevo visto una diecina di opere tra carte e tele di Phillip Martin che mi erano piaciute molto, infatti le avevo prese con me. Ricordo che il Cavellini mi aveva parlato con molto entusiasmo di questo artista del quale stimava il lavoro e ne apprezzava particolarmente la personalità e soprattutto il modo in cui conduceva la propria vita errabonda e hippie, ancora prima che questa diventasse una moda internazionale. Mi parlò a lungo di lui e delle sue poetiche. Ho scoperto solo più tardi, quando mi regalò il suo libro di memorie “GAC, 1946-1976 incontri/scontri nella giungla dell’arte” edito nel 1977, che tutta quella nostra conversazione l’aveva già descritta in quel libretto. Così oggi, ho deciso di riproporre quel testo nel presente catalogo perché trovo che sia una acuta testimonianza utile alla comprensione dell’opera di Phillip Martin per il pubblico odierno e inoltre perché leggendo lo scritto si percepisce un artista che guarda ai quadri e al comportamento di vita di un suo collega con, inconsciamente o meno, una velata punta di invidia per la radicalità con cui l’altro conduce la sua vita. Come ulteriore resoconto sull’uomo e l’artista Phillip Martin ho riprodotto qui una sua lettera, a me indirizzata, nella quale sono, in parte, spiegate le ragioni del suo isolamento australiano.

Roberto Peccolo   20/01/2017